«Un approccio integrato allo sviluppo sostenibile e inclusivo, che valorizzi sia le risorse costiere sia quelle dell’entroterra, sarà fondamentale per garantire la prosperità futura dell’Isola». L’Ocse auspica per la Sardegna il superamento delle disparità attuali che separano le varie province, accomunate dalle stesse criticità in ambiti quali economia, mercato del lavoro, resilienza ambientale e digitalizzazione che – sottolinea – «stanno alimentando il declino demografico e limitando l’attrattività della regione». L’analisi emerge dal report Ocse “Ripensare l’attrattività regionale” presentato di recente a Nuoro da Claire Charbit, responsabile dell’unità di Attrattività regionale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
Il quadro è complicato: «La Sardegna si trova in una trappola che impedisce un adeguato sviluppo dei suoi talenti, colpita da un calo della popolazione in età lavorativa e da una quota bassa e stagnante di forza lavoro con istruzione terziaria». La scarsa attrattività ha effetti anche sugli investitori perché per loro è fondamentale una forza lavoro qualificata e dinamica.
Il tasso di disoccupazione nell’Isola equivale all’11,5 per cento nel 2022, superiore alla media italiana dell’8,1 per cento e a quella dell’Unione europea del 6,7 per cento. La disoccupazione giovanile è notevole sebbene sia migliorata visto che nel 2019 è arrivata al tasso record del 45,2 per cento: nel 2022 non ha lavoro il 27,5 per cento dei sardi di età compresa tra i 15 e i 24 anni, più della media italiana del 23,6 e di quella europea del 18,4.
Nel 2022 il Pil (Prodotto interno lordo) pro capite in Sardegna si attesta a 29.504 Usd mentre la media nazionale è di 40.898 classificandosi tra le regioni meno sviluppate in termini di distribuzione dei fondi di coesione europei. La Sardegna in sostanza dipende da settori di bassa produttività come l’agricoltura e la pubblica amministrazione. Un po’ a sorpresa il tasso di creazione di imprese, pari al 7,4 per cento, è superiore alla media italiana del 6,7 sebbene inferiore a quello europeo del 9,1. Il 47,1 per cento della popolazione sarda ritiene la propria regione un buon posto per avviare un’attività imprenditoriale: dato superiore al 39 per cento dell’Italia ma inferiore al 57 per cento dell’Ue.
Se la Sardegna attrae pochi investitori e anche talenti, condizionati da carenze infrastrutturali nei trasporti e nelle reti digitali, può contare su una forte attrattività come destinazione turistica: ha medie superiori a quelle del Mezzogiorno, dell’Italia e dell’Ue. M può fare di più sull’attrattività culturale e turistica. «Sebbene la Sardegna abbia un’alta densità di beni culturali e un forte settore turistico, l’occupazione relativamente bassa nell’industria culturale e l’alta stagionalità dei visitatori suggeriscono l’opportunità di migliorare le sue capacità di attrattività durante tutto l’anno», annota l’Ocse facendo riferimento a musei, gallerie, teatri presenti in misura superiore alla media. Un vasto patrimonio con potenzialità ancora da sfruttare: la forza lavoro nelle industrie culturali e creative si ferma al 2,3 per cento mentre quella italiana raggiunge il 3,2 e quella europea il 3,3.
«Con 140 posti letto ogni mille abitanti la Sardegna offre una capacità ricettiva superiore del 40 per cento rispetto alla media nazionale e del 90 per cento rispetto a quella dell’Ue. Tuttavia, se confrontata con le altre isole del Mediterraneo, è significativamente inferiore a quella delle Baleari, di Creta e della Corsica, superando solo la Sicilia». Il report Ocse sottolinea, infatti, che quasi il 50 per cento dei pernottamenti turistici in Sardegna si concentra a luglio e agosto e l’80 per cento tra giugno e settembre lasciando inutilizzate le strutture ricettive negli altri mesi dell’anno.
Per i residenti l’Ocse auspica un miglioramento soprattutto «nell’accesso ai servizi sanitari, nell’istruzione e nell’internazionalizzazione delle università, nei livelli di povertà nonché nella qualità della governance locale e nella partecipazione civica». C’è la nota dolente dei trasporti che rappresenta un freno alla competitività della Sardegna e al benessere degli abitanti. Ma emerge anche un basso punteggio di coesione sociale. Il tasso di povertà, per esempio, è pari al 27,8 per cento ben più alto del 19,3 della media italiana e colloca l’Isola tra le regioni più in difficoltà dell’Ue. E poi, sebbene il tasso di omicidi sia al di sotto della media europea, solo il 55,5 per cento dei sardi si sente sicuro a camminare da solo di notte: si tratta della percentuale più bassa tra le regioni italiane dove la media è del 69 per cento mentre quella europea è del 75 per cento.
Tra le province sarde Cagliari ha la migliore performance in termini di innovazione anche grazie all’università («svolge un ruolo chiave nella ricerca e sviluppo»), al tasso più elevato di creazione d’impresa e al maggior numero di domande di marchio. Sassari, con la sua università, per l’Ocse «presenta un potenziale di crescita nell’innovazione regionale». Nuoro, Oristano e Sud Sardegna «mostrano livelli di innovazione sensibilmente inferiori ma beneficiano di economie agricole solide». La proposta: «Favorendo collaborazioni tra le università di Cagliari e Sassari e i settori agricoli e imprenditoriali delle province circostanti, la regione potrebbe sviluppare innovazioni di nicchia, come soluzioni agri-tech, per rilanciare le economie rurali, stimolare l’innovazione nel settore privato e trattenere i giovani talenti».
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