Ecco perché in Italia i redditi sono così bassi e il «cuneo» non è il problema




ANSA

L’ultimo rapporto sulla tassazione dei redditi diffuso dall’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha fatto parlare per due aspetti critici che riguardano l’Italia: la consistenza del cuneo fiscale, cioè la somma di imposte e contributi che gravano sul costo del lavoro, che nel nostro Paese risulta essere il quarto più alto nella classifica delle 38 economie avanzate, e oltretutto è cresciuto nel 2024; e il livello drammaticamente basso delle retribuzioni, che ci vede in coda, al 23° posto. Il combinato di questi due problemi tende a far pensare che la via per aumentare le buste paga passi dalla riduzione del cuneo fiscale. Le cifre del Taxing wages 2025 mostrano che il tema del peso dei contributi previdenziali e sociali è in realtà marginale rispetto ad altre questioni.

Il cuneo fiscale italiano per un lavoratore single con un reddito nella media si è attestato lo scorso anno al 47,1%, l’1,61% in più rispetto al 2023. Nell’area Ocse la media è del 34,9%. A ben vedere, però, per una coppia con due figli il cuneo si riduce al 35,4%, con un vantaggio rispetto ai single di 11,7 punti, facendoci scendere dalla 4° alla 25° posizione quanto a “peso” sul costo del lavoro. Inoltre, se si guarda cosa accade vicino a noi, il cuneo è più alto in Francia (47,2), Germania (47,9) e Belgio (52,6), paesi dove sia i redditi lordi che quelli netti sono comunque molto più elevati rispetto all’Italia, un dato che dovrebbe far riflettere. Il lavoratore singolo, infatti, nel 2024 ha dichiarato un reddito lordo di 35.616 euro in Italia, di 44.968 euro in Francia, di 63.288 in Germania. Se si guarda a un altro sistema di calcolo, quello del reddito a parità di potere d’acquisto, lo stipendio medio di un singolo lavoratore è di 41.438 dollari in Italia, di 48.455 in Francia, di 55.807 in Germania; anche in Spagna è più alto, 43.034 dollari, mentre la media Ocse di 45.123: in classifica, come detto, siamo al 23° posto su 38 nazioni.

Differenze così gradi di reddito non si giustificano solo con il peso dei contributi sulla busta paga, ma chiamano in causa la struttura del sistema produttivo nazionale, caratterizzato da tante piccole imprese, e da una bassa produttività. Il 45% dei lavoratori italiani dipende da un’impresa con meno di 10 dipendenti, contro il 30% della Francia, il 19% della Germania e il 29,5% dell’Ue-28. Le nostre imprese piccole sono anche molto meno produttive delle loro concorrenti europee, dunque meno capaci di offrire buone retribuzioni, soprattutto se attive in settori a basso valore aggiunto, e chiuse alla possibilità della contrattazione integrativa.

Pensare che il problema dei bassi redditi italiani risieda nel cuneo rischia insomma di distogliere l’attenzione dal problema più ampio delle retribuzioni che le imprese sono in grado di pagare e del potere d’acquisto delle famiglie. Ma è il vero motivo dell’aumento del cuneo avvenuto lo scorso anno a rivelare la debolezza di una certa narrazione. Nel 2023 il reddito medio lordo in Italia era infatti di 34.277, mentre nel 2024 è salito a 35.616 euro: questo minimo scatto ha portato molti contribuenti a superare il tetto dei 35mila euro sotto il quale si poteva beneficiare proprio della decontribuzione agevolata. In parole semplici: guadagnando un po’ di più, si sono persi benefici.

Il disincentivo alla crescita dei redditi è una caratteristica rilevante del nostro sistema. Nel rapporto dell’Ocse c’è una classifica di cui pochi si sono accorti, e che ci vede primeggiare: è la graduatoria delle aliquote fiscali marginali, cioè, banalmente, quanto viene tassato ogni euro di reddito guadagnato in più. Per certi aspetti questo è un indicatore di progressività, ma se è esagerato diventa un disincentivo agli aumenti in busta paga, oppure a dichiarare ciò che si guadagna veramente, favorendo sommerso ed evasione. Ora, in Italia l’aliquota fiscale marginale è risultata al 64,2% sia per un lavoratore single con un reddito medio che per una famiglia monoreddito con due figli, ed è il secondo dato più alto nell’Ocse, dove la media è del 44%. Guardando oltre i nostri confini, in Francia l’aliquota marginale è del 58,2% e in Germania del 48,4, inoltre in entrambi i Paesi crolla al 41% nel caso di coppia con due figli. In parole povere, altrove gli aumenti di stipendio si fanno sentire molto di più, e nei casi delle famiglie con figli va ancora meglio.

Volendo riassumere: l’Italia è un Paese con una quota elevata di lavoro povero e sottopagato, con un evidente problema di salario minimo, dopodiché, al di sopra della fascia del bisogno, troppi lavoratori guadagnano poco, anche a causa del fatto che dipendono da imprese molto piccole o poco produttive, e quando si prova a migliorare la propria condizione, quasi non ne vale la pena, perché o in busta paga arriva poco, oppure si perdono immediatamente sconti, bonus, assegni unici e agevolazioni varie. C’è più di un motivo, insomma, se solo il 9% dei contribuenti italiani guadagna, o dichiara, più di 40.000 euro lordi l’anno. E, tra questi, il cuneo non sembra essere il problema principale.





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