epa12003216 Raffaele Fitto, European Commission Executive Vice-President for Cohesion and Reforms, speaks during a press conference at the European Parliament in Strasbourg, France, 01 April 2025. The EU Parliament’s session runs from 31 March to 03 April 2025. EPA/RONALD WITTEK
Fitto dà un dispiacere a Giorgetti ma, per farsi “perdonare”, promette di spazzar via un (bel) po’ di burocrazia e di dare (più) ossigeno agli agricoltori. In realtà, ad amareggiare il titolare del Mef, più che l’ex collega oggi vicepresidente esecutivo Ue è stato il (solito) Valdis Dombrovskis, il lettone di ferro, il falco più falco che c’è. A Giorgetti che chiedeva a Bruxelles se ci fossero i presupposti per immaginare di allungare il Pnrr dopo il 2026, Dombrovskis ha risposto picche. E lo ha fatto pubblicamente, durante una conferenza stampa tenutasi a Bruxelles. “Quando abbiamo discusso il piano Rearm Europe in seno alla Commissione abbiamo valutato diverse possibilità, compresa quella di utilizzare anche il fondo Rrf (ossia lo strumento per la ripresa e la resilienza, in pratica il salvadanaio centrale dei Pnrr locali ndr). Ma alla fine abbiamo deciso di non ricorrere a questa opzione”. Giorgetti, all’Ecofin tenutosi martedì, aveva chiesto di esplorare, “ulteriori opzioni, tra cui l’utilizzo di fondi del settore privato e la possibilità di estendere il dispositivo per la ripresa e la resilienza oltre il 2026, per aumentare il margine di bilancio a disposizione degli Stati membri per rispondere all’esigenza di aumentare la spesa per la difesa”. Niente da fare. Fitto, che tutto è tranne che un falco, ha dovuto dare un dispiacere al governo italiano: “La scadenza è il prossimo anno è impossibile cambiarla”. Un’apertura, però, dall’ex ministro alle politiche Ue è pure arrivata: “Abbiamo dato molte opportunità per organizzare i piani nei prossimi mesi: per esempio si può ricorrere all’articolo 21 del Regolamento per fare altre revisioni e poi c’è la possibilità di spostare dei progetti dal fondo Rrf ai fondi di Coesione”. Insomma, accontentatevi di quello che c’è perché qui, a Bruxelles, già si son pentiti di aver fatto il Piano figuriamoci, ora, se si può anche solo immaginare di allungarlo. Che il termine fosse quello, poi, lo stesso Dombrovskis s’era premurato di ricordarlo già martedì quando aveva fatto sapere, dopo l’Ecofin, di aver “nuovamente ricordato agli Stati membri che la scadenza legale per il raggiungimento di tutti i traguardi e obiettivi è fissata per la fine di agosto 2026”. “Ciò significa – ha sottolineato il commissario Ue all’Economia – che restano circa quindici mesi per presentare tutte le richieste di pagamento ancora pendenti e la relativa documentazione giustificativa”. Fate presto sennò, piuttosto che prolungarlo, rischia di “finire” prima. La vicenda Pnrr, intanto, prosegue e passa dal Parlamento. Il decreto legge sbarcherà alla Camera, per la discussione generale, il 30 maggio prossimo. Sarà posta la fiducia. Fitto, però, qualche buona notizia da dare ce l’ha avuta, ieri. La Pac si sbarazza di un po’ di burocrazia con l’obiettivo di far risparmiare soldi (e tempo) alle aziende. L’obiettivo dichiarato da Fitto e dal collega lussemburghese all’agricoltura Christophe Hansen ambisce a far risparmiare fino a 1,58 miliardi agli agricoltori e 210 alle amministrazioni nazionali, sveltendo i pagamenti e offrendo strumenti più snelli per la gestione delle crisi. “Il nostro obiettivo è intervenire nella programmazione attuale per ottenere risultati concreti in tempi brevi. Vogliamo agire immediatamente, con determinazione ed efficacia. Stiamo ascoltando – ha rivendicato Fitto – le esigenze del settore agricolo e rispondendo in modo mirato alle sue richieste, per metterlo nelle migliori condizioni di lavoro, rafforzare la competitività del settore e offrire ai cittadini europei un’agricoltura moderna ed efficiente, incentrata sul prodotto e non sulla burocrazia”. Tra le novità, più flessibilità sui requisiti green per accedere ai sussidi, la possibilità, demandata ai Paesi, di costituire una riserva di crisi nazionale al 3% della Pac e destinata alle piccole imprese agricole, l’aumento del contributo forfettario che raddoppia passando da 1.250 a 2.500 euro. Prevista, inoltre, la possibilità di finanziare fino a 50mila euro le piccole comunità agricole. Si tratta, chiaramente, di una proposta. Che, sebbene porti il timbro della Commissione Ue, dovrà essere sottoposta al vaglio (e al voto) del Parlamento e del Consiglio europeo. Se tutto va bene, se ne parlerà tra qualche mese. Intanto Coldiretti approva la proposta e difende l’autonomia dei bilanci. Ma la notizia più attesa dagli agricoltori specialmente da quelli dell’Est (in primis i polacchi che domenica si recheranno alle urne) e i francesi, è nell’aria: l’Ue, come anticipato dal Financial Times, sta per imporre dazi pesanti alla produzione agricola ucraina che aveva mandato a carte quarant’otto il mercato interno di cereali e granaglie. L’idea, secondo Politico, sarebbe quella di reintrodurre le tariffe ante-guerra già dal prossimo 6 giugno che appesantirebbe, e di molto, il prezzo delle materie prime agricole ucraine. Facendo insorgere un (altro) cortocircuito economico tra Bruxelles e, stavolta, Kiev.
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