Governo pressa l’Ue per nuove modifiche alla 7º rata del Pnrr. 1 miliardo € di prescrizioni blocca l’Ilva. Orsini: “Dialogo con Governo su energia”


Niente proroga del Pnrr, ma il Governo spinge per più modifiche alla settima rata. 1 miliardo di euro di prescrizioni ambientali ostacolano l’acquisizione dell’ex Ilva dagli azeri. Orsini: “Dialogo con Governo per non perdere competitività”. La rassegna Energia

Tramonta definitivamente l’ipotesi di una proroga della scadenza dei fondi del Pnrr. “Bisogna togliersi dalla testa l’idea della proroga. Capisco che la nostra mentalità sia abbastanza legata alle proroghe, ma non funziona così. Per ottenerla bisogna modificare tre regolamenti europei”, ha detto ieri il ministro Tommaso Foti. Ma il Governo non si arrende e tenta la strada della modifica alla settima rata. Il 21 marzo il Governo ha presentato alla Commissione Europea domanda per cambiare tappe e obiettivi dell’ultima tranche di fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il 21 marzo l’Italia invierà una nuova richiesta per estendere le modifiche alla settima rata. La cessione dell’Ilva agli azeri è in standby a causa di burocrazia, politica e richieste di commissari. Rispettare le prescrizioni ambientali inserite nel testo della nuova Aia costerebbe ai nuovi proprietari più di 1 miliardo di euro, secondo le stime. Come se non bastasse, ieri la Commissione europea ha inviato una lettera di messa in mora supplementare dell’Italia per non aver ricevuto correttamente la direttiva sulle emissioni industriali. Inoltre, la gestione condivisa dell’asset tra Mase, Iss e Regione Puglia non fa altro che complicare il processo di acquisizione. Burocrazia, costi dell’energia e capitale umano. Sono i tre temi fondamentali da affrontare per intraprendere “un percorso virtuoso di competitività nel Paese” secondo Emanuele Orsini, presidente di Confindustria. L’energia è al centro dei colloqui con il Governo. “Stiamo dialogando con il Governo, non facciamo politica, portiamo le istanze delle imprese perché non vogliamo perdere competitività e vogliamo che le nostre imprese stiano in Italia”, ha detto Orsini.

GOVERNO SPINGE PER MODIFICHE A SETTIMA RATA DEL PNRR

“Il 21 marzo l’Italia ha presentato alla Commissione europea una domanda di modifica del Pnrr che riguarda tappe e obiettivi della settima richiesta di pagamento. A fine maggio il governo farà pervenire a Bruxelles anche un’altra richiesta che sarà presentata come una sorta di estensione dei cambiamenti sulla settima rata. Sarà la grande revisione che sposterà i 6 miliardi non spesi di Transizione 5.0 su altri incentivi a favore delle imprese, e forse ricalibrerà il target dei posti letto delle residenze universitarie. Un altro intervento che stanno valutando a Palazzo Chigi riguarda la possibilità di trasferire alcuni progetti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza ai fondi coesione, liberando così altre risorse da utilizzare all’interno del Piano. (…) Un portavoce della Commissione Ue riferisce che al momento l’Italia non ha avanzato alcuna richiesta di spostare alcuni traguardi dal Pnrr alla Politica di coesione. Bruxelles sta ancora valutando la richiesta di modifica sulla settima rata e ha tempo due mesi dalla domanda ufficiale. Nei mesi scorsi il ministro per gli Affari europei e il Pnrr Tommaso Foti aveva anticipato la volontà di chiedere una nuova revisione del Pnrr,(…) segnalando la probabilità che qualche progetto venga poi trasferito alla Coesione”, si legge su La Stampa.

“Ieri, nel corso di un dibattito a Bologna, è tornato sulla questione: «Bisogna togliersi dalla testa l’idea della proroga. Capisco che la nostra mentalità sia abbastanza legata alle proroghe, ma non funziona così. Per ottenerla bisogna modificare tre regolamenti europei». (…) «Nelle città dove ci sono enti locali che hanno le strutture i lavori procedono velocemente. In altre realtà dove magari vi è un solo tecnico comunale va messo in conto che i tempi sono diversi». Quanto alle modifiche in cantiere, il ministro ribadisce: «Su alcune misure stiamo facendo delle valutazioni, non dimentichiamoci mai che questo è un Piano che è stato approvato quattro anni fa, ma in quattro anni è cambiato il mondo”, continua il giornale.

1 MILIARDO BLOCCA LA CESSIONE DELL’ILVA

“Uno stallo regolamentare, che rischia di produrre anche uno stallo negoziale. Un miliardo di spesa, 477 misure da osservare, il fuoco incrociato delle amministrazioni locali pugliesi e di Bruxelles. La vicenda dell’ex Ilva si consuma negli equilibri politici e burocratici nazionali, nella mole di richieste ai commissari nelle accelerazioni comunitarie ultra geren, come dimostrato ieri dalla lettera di messa in mora supplementare dell’Italia da parte della Commissione europea, per non aver recepito in modo completo e corretto la direttiva sulle emissioni industriali”, si legge su Il Sole 24 ore.

“La prima questione è il meccanismo che si è creato negli ultimi mesi fra la componente amministrativa del ministero dell’Ambiente (…) l’Istituto superiore di Sanità e gli organismi riferibili alla Regione Puglia. La seconda questione è la dura critica normativa comunitaria, che sostiene che l’Italia non considera in debito conto il problema dell’inquinamento provocato dall’acciaieria di Taranto. (…) Secondo le stime di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, hanno un costo superiore al miliardo di euro le prescrizioni ambientali inserite nel testo della nuova Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Questo provvedimento permetterà all’azienda di produrre, per altri 12 anni con gli attuali impianti, 6 milioni di tonnellate di acciaio l’anno. Acciaierie d’Italia ha eccepito che queste 477 prescrizioni – molte delle quali, a loro volta, si articolano in sub prescrizioni collegate – solo formalmente autorizzano l’attività industriale, che nei fatti viene resa «sostanzialmente inattuabile». E «la maggior parte» delle prescrizioni, rileva l’azienda, sono anche «difficilmente traguardabili». Ora, per queste 477 prescrizioni, c’è un primo passaggio nel rapporto con il ministero dell’Ambiente, che guida un gruppo formato anche da Regione Puglia, Provincia di Taranto e Comuni di Taranto e Statte. La conferenza di servizi, chiamata ad approvare il testo per poi rimetterlo al ministero per il decreto di rilascio dell’Aia, prima è stata spostata al 13 maggio e adesso al 21 maggio. (…) Allo stato attuale, tuttavia, forse nessuno dei protagonisti in gioco si direbbe soddisfatto. Una parte della politica – vedi Avs con le dichiarazioni del co-portavoce Angelo Bonelli e M5S con l’attacco del vicepresidente Mario Turco – ritiene che il testo in discussione configuri il rischio di inquinare ancora con il carbone per 12 anni. Per chi vive la fabbrica dall’interno, ne conosce le logiche industriali e di compatibilità del business, ma anche per lo stesso governo, si tratta al contrario di un volume di prescrizioni incompatibile con una razionale prosecuzione dell’attività produttiva, tale da poter inibire anche le intenzioni di rilancio di un nuovo investitore disposto, nel medio periodo, a un piano di progressiva riconversione “green”, continua il giornale

ORSINI: “DIALOGO CON GOVERNO SULL’ENERGIA”

“L’Italia ha potenzialità enormi. Dobbiamo elevare i nostri prodotti costruendo un percorso virtuoso di competitività nel Paese. Emanuele Orsini ha appena ascoltato i dati nell’Osservatorio imprese estere di Confindustria e Luiss. I temi fondamentali da affrontare sono la burocrazia, i costi dell’energia, il capitale umano. Riuscire ad essere attrattivi per un’impresa che arriva dall’estero è fondamentale” ha detto il presidente di Confindustria (…) Stiamo dialogando con il Governo, non facciamo politica, portiamo le istanze delle imprese perché non vogliamo perdere competitività e vogliamo che le nostre imprese stiano in Italia. (…) ancora pesa il gap di competitività con gli altri Paesi legato al maggior costo dell’energia”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“Occorre poi agire sulla speculazione sui certificati Ets, tema su cui l’Europa deve muoversi al più presto: «Si è creato un mostro». Orsini ha anche rilanciato il nucleare: «È l’unica soluzione per rendere il paese competitivo. Se non si è capito vuol dire che si sta facendo politica e non il bene del paese». L’energia, quindi, resta un gap per le imprese, che ora devono fare i conti anche con l’incertezza legata ai dazi: «È il problema più grande. Con gli Usa occorre negoziare, si può agire su leve come la difesa e l’energia, senza dimenticare le big tech. La guerra dei dazi per un Paese che esporta 626 miliardi ed ha un surplus di 100 miliardi è una follia. Ci auguriamo che si possa trovare una soluzione come Europa, come abbiamo detto al presidente del Consiglio». (…) Occorre una politica che metta al centro l’industria. Per Orsini è necessario «un piano industriale a tre anni che contenga una misura semplice, sul modello di Industria 4.0, con risorse per 5 miliardi, mettendo al centro la crescita delle imprese». Transizione 5.0, ha ribadito ieri il presidente di Confindustria, è troppo complessa, anche per i vincoli europei: «I finanziamenti non utilizzati potrebbero essere spostati sui contratti di sviluppo per far correre gli investimenti, controllando il risultato finale e riducendo i tempi delle istruttorie». Contemporaneamente per Orsini occorre dialogare con il sindacato. «Stiamo organizzando un incontro sul tema della sicurezza, dobbiamo riuscire a fare prevenzione, dobbiamo lavorarci subito», ha detto il presidente di Confindustria che vuol confrontarsi con il sindacato anche sulla produttività. «Vorremmo farlo, anche se il sindacato non lo troviamo, speriamo avvenga presto (…) Occorre togliere i contratti pirata, fare accordi di produttività defiscalizzando il premio», andando avanti di pari passo con l’efficienza del sistema paese: «Sulla logistica, per esempio, siamo al 19° posto»”, continua il giornale.



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