EY Parthenon Bulletin: i dazi ridisegnano le strategie delle aziende italiane


  • Impatto delle politiche protezionistiche: il 58% delle aziende italiane ha posticipato gli investimenti a causa dell’introduzione dei dazi da parte del governo USA.
  • Reattività del business: Il 54% delle aziende italiane sta diversificando i mercati per mitigare l’impatto delle nuove regole tariffarie.
  • Attività M&A: nei primi quattro mesi del 2025, le acquisizioni in Italia sono diminuite del 16% rispetto allo stesso periodo del 2024, ma le aziende italiane accelerano sugli investimenti in mercati esteri.
  • Artificial Intelligence: il 40% delle aziende italiane sta ripensando l’intensità degli investimenti a causa di incertezze sul ritorno economico.
  • Nuove esigenze di difesa comune europea: una rilevante opportunità per le aziende della filiera italiana.

L’EY Parthenon Bulletin è il nuovo progetto editoriale di EY che analizza, su base trimestrale, elementi di Strategy, Transactions e Transformations con cui si confrontano aziende, investitori e istituzioni.  Il primo numero analizza l’impatto delle recenti politiche commerciali e delle dinamiche economiche internazionali sulle aziende italiane, nonché le opportunità per le aziende italiane nel settore della difesa, visto il nuovo scenario caratterizzato da incertezza geopolitica.

Con la nuova amministrazione statunitense e, in particolare, con le recenti politiche protezionistiche, il clima di incertezza è aumentato, influenzando le dinamiche commerciali. Secondo l’EY Parthenon CEO Outlook condotto tra novembre e dicembre del 2024, quasi il 90% dei CEO mondiali e l’80% dei CEO italiani si dichiarava ottimista sulle previsioni economiche. Tuttavia, con le nuove politiche commerciali, il sentiment è cambiato e dalla nuova rilevazione di marzo – aprile 2025 è emerso che circa il 58% dei CEO italiani ha posticipato gli investimenti pianificati e il 54% sta riposizionando le risorse tra diversi mercati geografici, in quest’ultimo caso dimostrando un’elevata capacità di reattività rispetto alla media in Europa (39%) e negli Stati Uniti (43%).

Il modo in cui affrontare le nuove regole tariffarie introdotte negli USA sta monopolizzando l’attenzione di aziende e istituzioni. In Italia, il 40% degli intervistati (rispetto al 25% a livello globale) dichiara di essere in fase di ripensamento dell’intensità degli investimenti in tecnologie AI, a causa delle incertezze riguardanti le aspettative di ritorno.

Marco Daviddi, Managing Partner EY-Parthenon in Italia, commenta: “Nonostante il momento di incertezza che caratterizza i mercati nazionali e internazionali, la nostra analisi evidenzia come le aziende italiane stiano già adottando misure per mitigare l’impatto delle nuove regole tariffarie e per diversificare i propri mercati. Sebbene sia opportuno concentrarsi sul breve periodo, soprattutto per la riorganizzazione dei mercati di riferimento, la struttura delle catene di fornitura e le relazioni con i propri consumatori e utenti, è fondamentale non trascurare altre questioni strategiche, che richiedono capacità di intervento e azioni decise. Tra queste vi sono, in particolare, il contenimento dei consumi energetici, lo sviluppo di politiche sostenibili, le trasformazioni dei modelli operativi e di business indotte dall’impatto dellintelligenza artificiale”.

M&A e Private Equity: pipeline solida e aspettative moderatamente ottimiste per il 2025, ma primi quattro mesi dell’anno sottotono

Nei primi quattro mesi del 2025, in Italia sono state annunciate 390 acquisizioni con un valore complessivo, laddove disponibile, di circa 9 miliardi di euro. Questi dati evidenziano una diminuzione del 16% nel numero di transazioni rispetto allo stesso periodo del 2024, con una riduzione del 70% circa nel volume totale delle operazioni. La contrazione è attribuibile alla dimensione media contenuta delle operazioni e alla rilevante riduzione dei megadeal, ovvero operazioni con controvalore superiore a 1 miliardo di euro. I settori che hanno guidato gli investimenti in termini di numero sono principalmente il comparto industriale, con il 24% del numero di operazioni annunciate, seguito dai beni di consumo con il 17% e dal settore tecnologico con l’11%.

Nonostante un inizio d’anno difficile in ambito M&A, si stanno gettando le basi per operazioni capaci di ridisegnare alcuni settori chiave come quello finanziario, del fashion & luxury e industriale. La liquidità nel sistema rimane elevata e i fondi di Private Equity giocheranno un ruolo significativo. Le aziende italiane dovranno affrontare molteplici sfide, rendendo necessario un incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, impianti, macchinari e formazione del personale per affrontare la trasformazione in atto. Aprire il capitale a investitori finanziari o procedere con processi di consolidamento, rappresentano valide opzioni per affrontare gli ostacoli attuali e cogliere le opportunità emergenti. A tal proposito, secondo le nostre rilevazioni, il 46% dei CEO nazionali ha intenzione di procedere con operazioni M&A, percentuale che sale al 57% a livello mondiale, in modo da incrementare la massa critica e perseguire sinergie ed efficienze. Inoltre, le aziende italiane stanno rafforzando le attività di investimento in target estere dove, sebbene da inizio anno il numero di operazioni sia sostanzialmente stabile, con poco meno di 100 deal, il volume di investimento è raddoppiato a circa 10 miliardi di euro, grazie ad alcune operazioni di dimensione rilevante. Joint Venture e alleanze strategiche, ad ogni modo, per il 68% degli intervistati appare la principale opzione strategica per condividere investimenti e per affrontare la rivoluzione tecnologica in corso, aggiunge Marco Daviddi, Managing Partner EY-Parthenon in Italia.

L’attività dei fondi di Private Equity ha subito una contrazione di rilievo, riconducibile al clima di scarsa fiducia sul mercato e all’attesa di una ulteriore riduzione dei tassi di interesse. Tuttavia, la pipeline di potenziali M&A in Italia è solida, specialmente per le grandi operazioni di consolidamento nel settore bancario e assicurativo. Nei primi quattro mesi dell’anno, infatti, il Private Equity e i fondi infrastrutturali hanno continuato a essere un elemento trainante del mercato M&A italiano, con 150 operazioni di buy-out su target italiane, per un valore aggregato, ove disponibile, di circa 4,5 miliardi di euro, rispetto alle 208 operazioni per un valore di 10,1 miliardi nello stesso periodo del 2024. I fondi continuano a costituire una percentuale rilevante di acquirenti nelle operazioni annunciate, raggiungendo il 39%. In aggiunta, continua a essere significativa la percentuale di investimenti realizzati tramite le portfolio companies, note anche come add-on, che sottolineano il loro ruolo fondamentale nel processo di trasformazione delle aziende.

Consumi e retail: gli impatti dei dazi americani sui vari comparti

Il settore consumer, che include i beni di largo consumo, il retail e il fashion & luxury, rappresenta uno dei mercati più importanti del sistema economico italiano, con dinamiche specifiche per ogni comparto. Negli ultimi anni, la pandemia di Covid-19 e l’elevata inflazione degli ultimi due anni, hanno modificato i comportamenti dei consumatori e alzato le tensioni tra i diversi attori della filiera.

Nel breve termine, sebbene il comparto grocery non dovrebbe soffrire particolarmente dei nuovi dazi, ci si aspetta una forte attenzione ai prezzi al consumo per prevenire un calo della domanda e promuovere la fidelizzazione dei consumatori. Nel settore retail non-food, si prevede il consolidamento su pochi attori per ogni verticale e un aumento delle transazioni online. La sospensione temporanea dei dazi da parte di Trump offre un sollievo momentaneo al settore italiano del fashion & luxury; tuttavia, le tensioni commerciali continuano a rappresentare una fonte di preoccupazione.

Per i brand italiani, il 2025 sarà un anno cruciale per accelerare la diversificazione geografica. Per le aziende, infatti, esposte verso il mercato US, sarà importante comprendere quale è l’elasticità al prezzo in relazione alla base clienti di riferimento e, eventualmente, quanto dell’incremento dei prezzi dovuto alle nuove tariffe potrà essere trasferito sulla filiera produttiva, già in molti casi sotto pressione, e quanto potrà essere assorbito come riduzione della profittabilità. Inoltre, molte aziende stanno conducendo analisi strategiche riguardo all’opportunità di trasferire o installare capacità produttiva negli Stati Uniti, anche se ciò appare molto complesso nel breve termine.

In generale, la domanda mondiale tenderà ad essere influenzata dalle politiche dell’amministrazione statunitense e i consumatori tenderanno a essere più cauti e selettivi, acquistando meno ma con maggiore attenzione alla qualità, all’identità creativa e alla personalizzazione, facendo emergere un nuovo concetto di lusso: più consapevole, selettivo e orientato verso nuovi mercati e priorità.

Potenzialità di crescita per il settore della difesa: opportunità e sfide

Il settore della difesa europea si trova al centro di una trasformazione importante dove l’Italia ha l’opportunità di diventare uno dei principali attori di riferimento. Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che richiede l’emissione di un Libro Bianco della Difesa, denominato Defence Readiness 2030, che mira a colmare le lacune nelle competenze, sostenere l’industria della difesa europea e rafforzare il mercato della difesa dell’UE.

Nonostante il dibattito politico sia stato molto vivace e ci siano ancora oggi posizioni diverse sulle modalità con le quali perseguire gli obiettivi di difesa comune europea, l’incremento delle spese per la difesa in Europa rappresenta una rilevante opportunità per l’Italia, che è il terzo produttore di tecnologia militare in Europa.

Tuttavia, a livello nazionale permane una rilevante sfida in quanto la dimensione media delle aziende sul territorio è particolarmente ridotta. La filiera in Italia infatti coinvolge 4.000 aziende, il 90% delle quali con meno di 10 dipendenti e solo 21 con un fatturato superiore ai 200 milioni di euro. Le aziende del settore dovrebbero quindi orientarsi verso un processo di aggregazione per essere in grado di supportare l’importante processo di investimento atteso. Il settore pubblico poi, come auspicato dalla risoluzione, dovrebbe facilitare tale processo di aggregazione tramite interventi agevolativi.



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